Festa della Repubblica, ma anche festa della memoria: quando un cappello bastava per dire “Io lotto, io ci sono”.
di Pietro Bucolia – Animatore della Cultura e della Comunicazione
La libertà non è nata nei palazzi. È salita dal coraggio e da tensioni ideali dal mare e dalle montagne, ha marciato nelle piazze, ha combattuto tra le barricate e si è posata con fierezza sul capo di chi non aveva altro che coraggio. In Calabria, quella libertà aveva un segno: un cappello.
Un copricapo, un popolo, una Repubblica
Oggi, 2 giugno, celebriamo la nascita della Repubblica italiana. Ricordiamo il giorno in cui il popolo scelse, con un referendum, di voltare pagina e abbracciare la democrazia. Ma ogni Repubblica nasce da molto prima: da battaglie invisibili, da simboli dimenticati, da gesti che sembrano piccoli e invece pesano come pietre nella storia.
Uno di questi simboli, nato nella polvere delle rivolte calabresi dell’Ottocento, è il Cappello alla Calabrese. Semplice, con la piuma fiera, indossato da chi — contadini, intellettuali, patrioti — sceglieva ogni giorno la parte giusta: quella della libertà.
Il Sud che non si piega
Il Cappello alla Calabrese non era solo un ornamento. Era una dichiarazione silenziosa e potente. Chi lo portava, sfidava l’Impero Borbonico, le ingiustizie sociali, l’analfabetismo imposto, l’oblio in cui si voleva confinare il Mezzogiorno.
In quei decenni di fuoco — tra il 1847 e il 1861 — mentre l’Italia si cercava e lottava per unirsi, dalla Calabria partivano insurrezioni, idee, canzoni di ribellione. Il cappello non era più solo un copricapo: era un vessillo non scritto, un segno di appartenenza alla causa dell’uguaglianza e della dignità.
Un messaggio a tutti i calabresi: ovunque siate
Questa storia non appartiene solo a chi vive oggi in Calabria.
Appartiene anche:
- ai tanti che vivono a Moncalieri, a Torino, a Milano, a Bologna, a Roma, e in tutte le città d’Italia;
- a chi ha lasciato i paesi dell’entroterra per costruire il proprio futuro altrove, senza mai dimenticare le origini;
- ai giovani nati al Nord ma cresciuti con il profumo del bergamotto, il suono del dialetto, il rispetto per i nonni e per la terra.
E appartiene anche a chi è andato oltre i confini nazionali: in Svizzera, in Germania, in Canada, in Argentina, in Australia.
A chi porta il cuore calabrese dove la vita l’ha portato, ma non ha mai smesso di sentire quel cappello sul capo.
Anche a Moncalieri, dove tante famiglie calabresi hanno portato il lavoro, la dignità, la festa e il ricordo delle proprie radici, questo 2 giugno ha un significato speciale.
Perché la libertà repubblicana nasce anche dalla memoria di chi ha lottato prima di noi. E noi, oggi, siamo chiamati a custodirla e onorarla.
La Repubblica siamo noi
Il 2 giugno è la festa di tutti. Ma soprattutto è il giorno in cui ci ricordiamo che la Repubblica non è una data, ma una responsabilità. È cultura, è scelta quotidiana, è orgoglio di appartenere a una storia che va conosciuta per essere onorata.
Per questo oggi, nel cuore dell’estate che comincia, celebriamo anche così: raccontando storie, indossando simboli, guardando avanti senza dimenticare chi siamo.
Buona Festa della Repubblica! Dalla Calabria, da Moncalieri, dalle città d’Italia e da ogni angolo del mondo in cui batte un cuore calabrese. Con quel cappello che ancora racconta chi siamo.