HABEMUS PAPAM. UN PONTEFICE PER TUTTI

La Chiesa che parla all’umanità intera, non solo ai credenti

di Pietro Bucolia – Consulente finanziario e narratore economico

Prima l’ascolto, poi la parola

Prima di scrivere il mio primo articolo sul nuovo corso della Chiesa ho voluto attendere.

Attendere che le emozioni si sedimentassero, che l’entusiasmo lasciasse spazio alla riflessione. In questi giorni abbiamo vissuto un passaggio epocale. Ma le svolte vere non si colgono nei titoli, si riconoscono nei gesti, nei simboli, nelle parole scelte con cura.

Papa Leone XIV, con la sua voce pacata e profonda, con quel saluto ripetuto come un respiro – «La pace sia con voi» – ci ha già detto molto. E ciò che ha detto non era rivolto solo ai fedeli, ma al mondo intero. Alle persone che credono, a quelle che cercano, a chi è in cammino, a chi è ferito.

È una Chiesa che si apre, che accoglie, che include.

Non come strategia, ma come vocazione. Una Chiesa che non si rivolge soltanto ai suoi, ma a tutti, in nome di una dignità umana che precede ogni appartenenza e che il Vangelo riconosce e abbraccia.

Il ritorno di Pietro

L’8 maggio 2025, il cielo sopra San Pietro si è riempito delle parole attese:

«Nuntio vobis gaudium magnum: habemus Papam».

Il cardinale Robert Francis Prevost, agostiniano, missionario, statunitense di sangue ispanico e formazione latinoamericana, è stato eletto nuovo Pontefice. Ha scelto il nome di Leone XIV. Il suo volto mite e serio, il suo saluto dolce e fermo, i suoi gesti essenziali hanno parlato di una guida che non vuole dominare ma accompagnare. Di un successore di Pietro che sa già di essere servo, compagno, testimone.

Un pontificato che nasce ai margini

Leone XIV non ha il passo del leader mediatico. È un pastore forgiato nella periferia. In Perù, dove ha vissuto a lungo, celebrava raramente in cattedrale. Preferiva le comunità più povere. È lì che ha imparato la vera Chiesa: non come istituzione, ma come carne viva dell’umanità.

Nel suo primo discorso ha pronunciato sei volte la parola “pace”, e quattro volte la parola “ponti”. Non è un caso. È un programma. È la dichiarazione di un pontificato che vuole unire, non dividere. Costruire, non difendere.

Più di un nome: un programma per il pontificato

Il nome Leone XIV non è un omaggio casuale. È una scelta carica di significato. Richiama Leone XIII, il Papa della Rerum Novarum, che nel 1891 gettò le basi della Dottrina sociale della Chiesa in risposta alla prima Rivoluzione industriale.

Oggi, ha spiegato Leone XIV, siamo dentro un’altra rivoluzione: quella dell’intelligenza artificiale, della disuguaglianza globale, della trasformazione del lavoro. E la Chiesa non può tacere.

“Il lavoro non è una merce, ma una parte essenziale della dignità dell’uomo”: questa frase di Leone XIII, oggi, torna come un monito. E come un impegno.

Il cuore agostiniano

Il nuovo Papa è agostiniano. La sua spiritualità nasce da un cuore inquieto, alla ricerca di verità e comunione. “Con voi sono cristiano, per voi vescovo”, ha detto. Un’affermazione che racchiude tutta la sua idea di servizio: non un uomo sopra il popolo, ma un uomo nel popolo, al fianco di tutti.

Il suo stile è contemplativo, ma non distante. Silenzioso, ma non assente. Intelligente, ma non astratto. È il pensiero spirituale che incontra il coraggio pastorale.

Uno stemma, un motto, una visione

Il Vaticano ha diffuso il suo stemma ufficiale: un giglio argentato, il Cuore Sacro su un libro chiuso, le chiavi di San Pietro e la mitra vescovile. Il motto:

“In Illo, uno unum” – Nell’unico Cristo, siamo uno.

È una frase di Sant’Agostino che racchiude la visione del Papa: unità nella diversità, comunione senza esclusione, pace come scelta condivisa.

Il Giubileo della Speranza come orizzonte

Leone XIV eredita da Papa Francesco il Giubileo della Speranza, ma lo interpreta con voce propria. Per lui, la Speranza è costruzione, non evasione. È opposizione alla rassegnazione, scelta attiva contro la paura, il sospetto, la disgregazione.

Sperare oggi significa camminare insieme, anche tra le ferite, verso una luce più grande del nostro smarrimento.

Una Chiesa che parla all’umanità intera

Forse è questa la novità più forte. Leone XIV non parla solo ai cattolici. Parla al mondo. Parla all’uomo e alla donna che lavorano, a chi soffre, a chi migra, a chi cerca. A chi ha fede e a chi non ne ha. È una Chiesa che non chiude il Vangelo in sacrestia, ma lo apre come luce di tutti.

Non si impone. Ma propone una strada. Quella del Vangelo, della giustizia, della misericordia, della fraternità.

Camminare insieme

Il cardinale Re lo ha ricordato con forza:

“L’elezione del Papa è sempre l’Apostolo Pietro che ritorna”.

E Pietro è tornato. Con un volto mite, una voce chiara, un cuore che guarda lontano.

È il tempo di camminare. Non per tornare indietro. Ma per andare avanti, insieme, verso ciò che ci rende più umani, più veri, più fratelli.

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