Francesco ci lascia una visione: una Chiesa inquieta, madre, e capace di grandi sogni per l’umanità.
di Pietro Bucolia – Consulente finanziario e narratore economico
⸻
Il vuoto e la presenza
Il giorno dopo è sempre il più difficile.
Ci si sveglia con una ferita nuova, eppure invisibile. Le cose sembrano uguali a ieri, ma dentro qualcosa è cambiato. È come se la realtà fosse stata toccata da un’assenza che la rende più fragile, più vera.
Papa Francesco ci ha lasciati. Dopo averci benedetti per l’ultima volta nella Domenica di Pasqua. Dopo un ultimo giro in papamobile in Piazza San Pietro, tra i pellegrini, con lo sguardo sereno di chi ha concluso la corsa e conservato la fede. Dopo dodici anni di pontificato, in cui ha incarnato una parola antica in una forma radicalmente nuova.
Con lui non se ne va solo un pontefice. Se ne va un uomo che ha saputo essere eco di una Presenza più grande.
⸻
La morte non cancella, trasfigura
La morte non è solo il punto finale. È anche una domanda:
che cosa resterà di noi quando il nostro nome smetterà di essere pronunciato?
Francesco ha risposto con la sua vita. Ogni parola, ogni gesto, ogni silenzio – una traccia.
Non ha costruito fortezze. Ha aperto cammini.
Non ha lasciato regole. Ha consegnato visioni.
Ha testimoniato che vivere è rispondere. Alla sofferenza, al grido degli ultimi, alla chiamata del Vangelo. E quando una vita è risposta, la morte non spegne: illumina.
⸻
La Chiesa che Francesco ha sognato
Francesco ha creduto in una Chiesa diversa da quella immaginata dal potere.
Una Chiesa umile, che non domina ma serve.
Una Chiesa inquieta, che non si accontenta delle risposte facili.
Una Chiesa madre, che non abbandona i figli nei deserti dell’indifferenza.
Ma soprattutto, una Chiesa capace di grandi sogni.
Non sogni clericali o strategici.
Grandi sogni missionari e umani.
Una Chiesa fuori le mura, che esce dai templi per abitare le strade. Che incontra, ascolta, accompagna. Che non condanna, ma si fa ferita che guarisce.
⸻
Una Chiesa nei tempi nuovi
Francesco ha intuito con lucidità profetica che la missione della Chiesa non si gioca più solo nelle piazze o nelle parrocchie.
Si gioca anche nei nuovi spazi dell’esistenza: il continente digitale.
Ha parlato di reti, ma non solo tecnologiche: reti di relazioni, di senso, di speranza. Ha indicato la necessità di una presenza cristiana nel mondo digitale che non sia propaganda, ma testimonianza. Una presenza autentica, dialogante, creativa.
La Chiesa è chiamata oggi ad abitare il tempo dei bit con la stessa carità con cui ha abitato le strade di Gerusalemme.
Essere umile, inquieta, madre e digitale. Perché la Buona Notizia non conosce confini.
⸻
Vivere sapendo che non vivremo per sempre
Oggi, il giorno dopo, comprendiamo che la vita non va misurata in durata, ma in dono.
Chi vive per il Vangelo non costruisce mausolei, ma seminagioni.
Francesco ha seminato.
Nei cuori, nei linguaggi, nelle strutture, nel modo di essere Chiesa.
E oggi, a noi, tocca non raccogliere, ma continuare a seminare.
⸻
Il giorno dopo. Ma non è la fine
Senza Francesco, ma con Francesco.
Con il suo stile, con la sua inquietudine, con il suo sogno.
Con la sua Chiesa umile, inquieta, madre. Fuori le mura. Digitale. Viva.
Non celebriamo solo una memoria. Viviamo un’eredità.
Non piangiamo un’assenza. Onoriamo una Presenza.
Perché un sogno evangelico non muore.
Diventa carne in chi lo accoglie.
Diventa missione.
Diventa storia.