IL NONNO DEL MONDO

Nel tempo del dominio e della paura, Papa Francesco ci restituisce il senso della Pasqua

di Pietro Bucolia – Consulente finanziario e narratore economico

In questi giorni di trambusti trumpisti, di mercati nervosi e investitori in cerca di direzione, il mondo sembra più che mai affaticato, frammentato, febbrile.

I toni si alzano, le parole si accavallano.

E in scena domina un lupo dal pelo lungo, abilissimo a cambiare forma pur di restare al centro.

Accanto a lui, altri vecchi lupi voraci, affamati di controllo, muovono i fili di una guerra senza dichiarazioni: una guerra fatta di minacce economiche, propaganda, paure ben coltivate.

Si combattono battaglie senza spari, ma con effetti altrettanto devastanti: sulle persone, sulle imprese, sugli Stati.

Una guerra sottile, ma spietata. Dove la bugia è un’arma e la paura una strategia.

Viviamo in un tempo dove la guerra dei dazi è solo uno dei volti di un conflitto più grande: quello contro la stabilità, contro la serenità, contro la vita quotidiana delle persone.

Il mondo appare spaventato e angosciato, con la paura profonda di perdere il proprio stile di vita, di vedersi mettere in crisi le proprie abitudini, certezze, conquiste.

È un attacco silenzioso ma sistematico alla vita di tutti: poveri e ricchi, operai e professionisti, imprenditori e famiglie.

E il colmo è questo: chi si proclama mediatore di pace, con una firma può innescare una guerra commerciale globale, usando un linguaggio da super bullo, trasformando la leadership in una sceneggiata di forza e la verità in una variabile negoziabile.

Eppure, in mezzo al caos

C’è un uomo che non alza la voce.

Che non minaccia. Che non si mostra invincibile.

C’è un uomo anziano, curvo, affaticato, seduto su una sedia a rotelle.

Viene spinto, con discrezione, da chi gli è accanto.

Non recita il potere, ma vive la responsabilità.

È Papa Francesco.

È il nonno del mondo.

Non ha bisogno di slogan, né di staffette mediatiche.

Gli basta esserci.

Con la sua voce lenta e ferma. Con il suo corpo fragile ma presente.

Con quello sguardo che dice: non abbiate paura, sono ancora qui con voi.

La forza che nasce dalla fragilità

In un’epoca che esalta la forza, il potere, l’immagine invincibile, Papa Francesco si presenta al mondo in tutta la sua vulnerabilità.

Non nasconde la malattia.

Non trucca la realtà.

È un uomo vero, non un’icona costruita.

E proprio per questo diventa una figura potentemente alternativa:

non conquista con l’autorità imposta, ma con la coerenza vissuta.

Non governa attraverso la paura, ma attraverso la testimonianza.

Avanza lentamente, accompagnato dal silenzio solenne della Basilica.

Non porta paramenti sontuosi, né si copre con simboli di potere.

Indossa una semplice maglia interna, chiara, di cotone morbido – quella che potrebbe mettere qualsiasi uomo anziano in un giorno di fatica.

Scivola tra le colonne di San Pietro come un pellegrino fragile, tra le ferite di un mondo disorientato.

Porta su di sé non l’oro del trono,

ma il peso delle sofferenze di tutti.

Quella maglia così povera è il suo modo di dire:

sono uno di voi.

Un anziano tra anziani. Un malato tra malati. Un uomo tra gli uomini.

E proprio per questo, un padre per tutti.

Restituire il senso della Pasqua

In un mondo che ha smarrito il silenzio e la compassione, la figura di Papa Francesco ci restituisce il senso autentico della Pasqua.

Non con parole solenni,

ma con la sua presenza ferita.

Non con discorsi retorici,

ma con gesti piccoli e veri.

La Pasqua non è un evento da calendario.

È una scelta di resurrezione quotidiana, fatta di amore disarmato, di servizio gratuito, di luce che nasce nelle crepe.

Papa Francesco ci ricorda che la fragilità può diventare un sacramento,

che la sofferenza può diventare dono,

che la speranza può rinascere anche nelle tenebre del disincanto globale.

E in queste tenebre, non possiamo dimenticare le guerre vicine – quelle che ci scorrono sotto gli occhi –

né le tante guerre lontane, dimenticate, silenziate, che massacrano vite innocenti e creano ogni giorno dolore, fame, esilio e morte.

Anche lì, forse soprattutto lì, la voce del Papa si fa luce mite.

Una luce che non urla, ma chiama.

Che non comanda, ma consola.

E così, mentre altri alzano muri, lanciano minacce o tracciano linee rosse,

lui prega.

Semplicemente. In silenzio. Con noi. Per noi.

Ci restituisce il senso della Pasqua.

Nel tempo del dominio e della paura, ci mostra che la vita ha ancora un senso.

Anche oggi. Anche qui. Proprio così.

Epilogo – Dove davvero si gioca il futuro

C’è qualcosa che la geopolitica, per quanto aggressiva e spettacolare, non può controllare né manipolare:

la realtà.

La vita vera delle persone.

Il coraggio quotidiano delle famiglie.

L’energia silenziosa delle imprese.

La visione paziente degli investitori.

La forza dell’economia reale, quando non si piega alla paura, ma sceglie la speranza.

Perché alla fine – nonostante i lupi, i dazi, le minacce e le maschere –

le imprese, i poteri finanziari responsabili, gli investitori pazienti, l’economia vera e la vita reale trionfano sempre sulla geopolitica.

Non fanno rumore.

Non si annunciano con proclami.

Ma costruiscono. Ricuciono. Scommettono. Servono.

E in questo, forse senza saperlo, sono profondamente pasquali.

Proprio come Papa Francesco.