IL PAPA CHE HO INCONTRATO. E CHE HA CAMBIATO IL NOSTRO TEMPO

Un Padre vicino, che ha ascoltato tutti, abbracciato gli ultimi e parlato al cuore del mondo.

di Pietro Bucolia

Quella sera all’Elefante Bianco

Ricordo come oggi quella sera: era il 13 marzo 2013.

Mi trovavo all’Elefante Bianco di Moncalieri, durante un seminario finanziario.

Stavamo parlando di mercati e prospettive economiche quando, all’improvviso, sullo schermo della sala apparve la notizia: Habemus Papam.

Il nuovo Papa veniva “dalla fine del mondo”. Si chiamava Francesco.

In sala calò un silenzio diverso, di quelli che uniscono e commuovono.

Era cominciata una storia nuova.

Non lo sapevamo ancora, ma quella sera stava cominciando il pontificato di un Papa che ci avrebbe insegnato a guardare la realtà con occhi più umani, a mettere al centro chi era ai margini, a credere nella forza mite del Vangelo.

Un Papa venuto dalla fine del mondo

Papa Francesco non è stato solo un Pontefice.

È stato un padre per l’umanità, un uomo del Vangelo incarnato, una voce che ha rotto i silenzi scomodi del mondo.

Ha lasciato i palazzi per entrare nelle periferie: quelle geografiche e quelle del cuore.

Ha iniziato il suo pontificato a Lampedusa, piangendo per i migranti morti in mare, e ha abbracciato i rifugiati a Lesbo, dicendo:

“Tutti siamo migranti su questa terra.”

Il pastore delle periferie

È stato il Papa della pace, della giustizia, della custodia del creato.

Ha parlato al mondo con gesti profetici, con il linguaggio della misericordia, con la radicalità di chi crede davvero che un altro mondo è possibile.

Ha portato la Chiesa fuori dai recinti del potere, facendone di nuovo un ospedale da campo.

Ha denunciato la cultura dello scarto, le guerre, le disuguaglianze, ogni forma di sfruttamento e violenza contro la dignità umana.

L’incontro del 30 maggio 2015

Il 30 maggio 2015 ho avuto il dono di incontrarlo.

In occasione del decennale dell’Associazione Scienza & Vita, Papa Francesco ci accolse nella Sala Clementina.

Parlò con cuore limpido della sacralità della vita, della responsabilità che abbiamo verso ogni essere umano, dal concepimento alla fine naturale — ma anche, come disse, “nel tempo fragile che li unisce”.

Mi colpirono la sua voce dolce e ferma, la sua presenza reale, profondamente umana. E soprattutto la sua capacità di vedere.

Non guardava una folla, guardava volti.

Parole che restano

Disse con forza:

“È attentato alla vita la piaga dell’aborto. È attentato alla vita lasciar morire i nostri fratelli sui barconi nel Canale di Sicilia.

È attentato alla vita la morte sul lavoro, la fame, la guerra, l’eutanasia.”

Parole che, oggi più che mai, restano scolpite.

Ma non per restare ferme. Per camminare con noi.

L’eredità di Francesco

Ora che è tornato alla casa del Padre, ci resta il suo esempio.

La sua eredità non si conserva: si vive.

Sta a noi continuare il cammino, scegliere ancora la tenerezza come forza, la giustizia come dovere, la pace come vocazione.

La sua ultima benedizione

Ieri ha abbracciato il mondo con la sua ultima benedizione Urbi et Orbi.

La sua tenerezza rimane nei nostri occhi e nei nostri cuori.

Lui era Francesco.