La Federal Reserve conclude il 2024 con un cambio di strategia. I mercati in tumulto. Il passaggio della FED all’inflazione come rischio predominante scuote le small-cap e le tech non profittevoli.
La Federal Reserve ha concluso il 2024 con una terza riduzione consecutiva del tasso di interesse di riferimento, portandolo al range del 4,25%-4,50%. Tuttavia, questa decisione ha segnato un cambiamento significativo nel focus della politica monetaria: l’attenzione della Fed si è spostata dal mercato del lavoro all’inflazione, ora vista come il rischio predominante per l’economia.
Il Presidente Jerome Powell ha enfatizzato questo nuovo orientamento dichiarando che le proiezioni sull’inflazione per il 2024 hanno “perso coerenza” e che il ritorno al target del 2% richiederà molto più tempo del previsto. Questo cambiamento è supportato dalle nuove proiezioni che indicano un’inflazione al 2,5% alla fine del prossimo anno, rispetto al 2,1% previsto a settembre, e che non raggiungerà l’obiettivo del 2% fino al 2027. Powell ha sottolineato che ulteriori riduzioni dei tassi dipenderanno da progressi significativi nella riduzione dell’inflazione, ribadendo che la Fed si muoverà con cautela.
La reazione dei mercati ha evidenziato le implicazioni di questa nuova fase della politica monetaria. L’S&P 500, inizialmente stabile, è crollato del 3% registrando la peggiore “Fed Day” dal marzo 2020, quando la banca centrale attuò un taglio d’emergenza durante la pandemia. Solo meno di venti titoli dell’indice hanno chiuso in territorio positivo, mentre il Russell 2000, rappresentativo delle small-cap, è sceso del 4,4%, segnando il peggior calo dal giugno 2022. Anche i rendimenti dei Treasury sono aumentati sensibilmente: il movimento è stato il più marcato da una riunione Fed dal “taper tantrum” del 2013. La volatilità del mercato è esplosa, con il VIX che ha superato quota 28, il livello più alto dall’estate.
Parallelamente, il dollaro si è rafforzato al livello più alto dal 2022, penalizzando le multinazionali e le valute concorrenti come l’euro, la sterlina e lo yuan cinese offshore. I settori più speculativi, tra cui le tech non profittevoli, hanno subito perdite massicce: Tesla è scesa dell’8,3% mentre il Bitcoin ha perso il 5%, interrompendo il recente rally. In questo contesto, Powell ha paragonato l’attuale approccio della Fed a guidare nella nebbia, suggerendo che una strategia più conservativa sia necessaria per affrontare l’incertezza economica.
Questo approccio si riflette nelle proiezioni dei tassi: la mediana prevede solo due tagli di 25 punti base nel 2025, la metà di quanto stimato a settembre. Parallelamente, la Fed ha ridotto il tasso della Reverse Repurchase Facility (RRP) di 30 punti base, posizionandolo a cinque punti sotto il limite inferiore del range dei Fed Funds. Questa decisione mira a evitare tensioni nei mercati monetari e a incentivare il trasferimento di liquidità verso le riserve bancarie, creando spazio per ulteriori riduzioni del bilancio della Fed.
In conclusione, la riunione della Fed ha sancito una nuova fase nella politica monetaria, con un ritorno deciso al focus sull’inflazione. Sebbene il ciclo di tagli non sia concluso, la Fed ha chiarito che ulteriori mosse accomodanti saranno subordinate a progressi concreti nel controllo dei prezzi. Questo cambiamento evidenzia l’impegno della Fed a bilanciare il sostegno all’economia con la necessità di riportare l’inflazione sotto controllo, segnando un allontanamento dalla priorità data al mercato del lavoro nei mesi precedenti.
La grande domanda che ci si pone ora è: continuerà lo storno o avremo un rimbalzo? Con le valutazioni tirate e il posizionamento degli operatori elevato, il breve termine potrebbe vedere ulteriori cali fino a venerdì, seguiti da un clima di bassa volatilità durante le festività natalizie, caratterizzato da tentativi di rimbalzo alternati a giornate di timide vendite.