Uno slancio apparente, una fiducia da interpretare, e numeri che raccontano più di quel che mostrano
di Pietro Bucolia – Consulente finanziario e narratore economico
Un’apertura incoraggiante, ma con fondamento fragile
La settimana si apre con un clima di fiducia che attraversa i mercati globali. I principali indici di Asia, Europa e Stati Uniti avanzano in scia a due fattori chiave: la ripresa dei negoziati commerciali USA-Cina, con un nuovo tavolo a Londra oggi, e i dati sul lavoro americano diffusi venerdì scorso. Ma sotto la superficie, il quadro richiede attenzione.
Al centro dei negoziati c’è il tema delle terre rare, risorsa strategica per settori cruciali come la tecnologia, la difesa e l’energia. La Cina ha appena autorizzato nuove esportazioni, un gesto che segue la telefonata tra Trump e Xi e che sembra aprire a una fase più costruttiva. Ma nessuna chiarezza è stata fornita su destinazioni e settori, lasciando margine a interpretazioni prudenti.
Terre rare: risorsa strategica, leva geopolitica
La Cina controlla oltre il 60% della produzione globale di terre rare e più dell’80% delle esportazioni lavorate. Il temporaneo blocco deciso ad aprile aveva fatto salire la tensione sui mercati. Ora, una parziale riapertura alimenta l’idea di una tregua, ma il contesto resta delicato.
Il coinvolgimento di Howard Lutnick nelle trattative — figura chiave per le restrizioni su tecnologie avanzate — fa pensare che l’amministrazione americana stia valutando concessioni reciproche.
Resta però ampio il divario sulle questioni strategiche: chip AI, motori per aerei, software e mobilità studentesca restano nodi non sciolti.
Rally azionario sostenuto da chi è rimasto indietro
L’indice S&P 500 ha registrato cinque settimane positive su sette. Anche Europa e Asia mostrano segnali di forza. A trainare i listini è soprattutto il comparto tecnologico, con Meta in evidenza per gli investimenti sull’intelligenza artificiale.
Ma il cuore della questione è un altro: molti investitori istituzionali sono ancora sottopesati, costretti ora a rincorrere il mercato. È la dinamica tipica dei rally “a malincuore”: i gestori tornano a investire per non rimanere indietro rispetto ai benchmark, alimentando così un flusso che sostiene ulteriormente le quotazioni.
A questa dinamica si somma il contributo degli enormi piani di buyback (oltre 700 miliardi di USD) da parte delle big corporation americane.
Il mercato del lavoro: dati buoni, ma non del tutto sinceri
I numeri ufficiali segnalano 139.000 nuovi posti a maggio, con disoccupazione stabile al 4,2% e salari in aumento. Ma ci sono revisioni al ribasso per i mesi precedenti (-95.000) e, soprattutto, un dato strutturale che preoccupa: la forza lavoro si sta restringendo, soprattutto per effetto del calo dell’immigrazione.
Le nuove restrizioni ai confini, in particolare con il Messico, hanno ridotto drasticamente l’apporto della forza lavoro immigrata. La conseguenza è un effetto ottico: la disoccupazione resta stabile non perché l’economia regga, ma perché il denominatore — la forza lavoro — si riduce.
Una Fed in bilico tra percezione e realtà
Il vero dilemma riguarda la politica monetaria. La Federal Reserve potrebbe leggere questa stabilità come segnale di forza e mantenere i tassi elevati. Ma il rischio è quello di fraintendere la causa reale della tenuta occupazionale: una stretta politica, non una crescita economica.
Secondo Morgan Stanley, il numero di posti da creare per mantenere stabile la disoccupazione — il cosiddetto breakeven rate — è sceso da 210.000 nel 2024 a 170.000 oggi, con proiezioni verso quota 90.000 o meno entro fine anno. Alcuni scenari estremi lo ipotizzano persino negativo.
Apparente stabilità, rischi sottotraccia
Il presidente Jerome Powell ha riconosciuto che domanda e offerta di lavoro si sono mosse insieme nell’ultimo anno. Ma oggi questa simmetria si è rotta. L’offerta crolla per ragioni politiche, mentre la domanda si riduce in modo ciclico.
Questo produce una falsa stabilità: l’economia rallenta, i posti di lavoro si riducono, ma la disoccupazione resta ferma. Il pericolo è che la Fed reagisca tardi, quando il rallentamento sarà già evidente e più difficile da gestire.
Un momento per fermarsi, osservare, decidere
Questa fase dei mercati richiede occhi attenti e mente lucida. Non è il momento degli automatismi, né delle fughe in avanti. È il momento delle domande giuste:
- La corsa dei listini è sostenibile o solo apparente?
- Il lavoro tiene davvero o stiamo leggendo male le dinamiche sociali e politiche?
- Cosa può fare oggi un risparmiatore per non restare indietro e non farsi trascinare?
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