Dal viaggio alle Eolie alla Scuola di Ulisse: quando il desiderio diventa voce, e la parola costruisce l’eredità che lasciamo
di Pietro Bucolia – Consulente finanziario e narratore economico
Un viaggio narrativo tra Omero, Arendt, Austin e il potere trasformativo delle parole.
Ieri ho fatto un viaggio del cuore. Da Tropea verso Vulcano, Stromboli, l’ambiente mitico delle isole Eolie. Navigando tra silenzi antichi e venti leggendari, in compagnia di Isabella, Beatrice, e tante persone che parlavano lingue diverse. All’inizio eravamo solo sconosciuti. Poi, lentamente, si è creato un dialogo: fatto di sorrisi, parole semplici, complicità. Un’umanità condivisa, essenziale. Da quel viaggio — e da ciò che mi portavo dentro — nasce questa riflessione. Una riflessione personale sulle parole alate, che è poi una riflessione sul senso profondo dell’essere, sui princìpi da cui lasciarsi orientare, imparati alla Scuola di Ulisse. Già al liceo. E ho concluso la serata tornando sulla Costa degli Dèi, banchettando come Ulisse.
NEL PRINCIPIO, IL SILENZIO
Nel principio non era il rumore. Era il silenzio. E dal silenzio si levò una voce: lieve, incerta, necessaria. Una voce che non chiedeva attenzione, ma dono. Una voce che non colpiva, ma creava. Così nascono le parole alate: quelle che sanno volare, quelle che portano vita.
PAROLE CHE VOLANO
Ci sono parole che restano a terra: pesanti, opache, dimenticabili. E poi ci sono parole che si sollevano, si staccano dal cuore, e cominciano a volare. Sono le parole alate. Non sono semplicemente belle: sono necessarie. Non servono a colpire, ma a connettere. Come scrive Alessandro D’Avenia:
“Scrivere vuol dire portare alla luce le cose nascoste, trovare le parole per rendere visibile l’invisibile.” — L’arte di essere fragili.
LE PAROLE CON LE ALI
Nell’antica Grecia, Omero parlava di épea pteróenta, le “parole con le ali”. Non erano semplici discorsi: erano atti che cambiavano il mondo. Oggi, immersi in un oceano di slogan e distrazioni, ritrovare la forza di una parola alata è un atto di resistenza. È una navigazione nel mare del rumore, alla ricerca della terraferma del cuore.Nell’antica Grecia, Omero parlava di épea pteróenta, le “parole con le ali”. Non erano semplici discorsi: erano atti che cambiavano il mondo. Oggi, immersi in un oceano di slogan e distrazioni, ritrovare la forza di una parola alata è un atto di resistenza. È una navigazione nel mare del rumore, alla ricerca della terraferma del cuore.
DESIDERIO, EROS ED EROE: IL BATTITO SEGRETO DELLA PAROLA VIVA
Il desiderio è il principio dell’azione, come il respiro è il principio della vita. Ogni parola viva nasce da un desiderio: di toccare, di creare, di generare. Eros ed Eroe sono le due anime del cammino umano. Eros è il richiamo. Eroe è la risposta.
Come scrive ancora D’Avenia:
“Dalla passione – sia come trasporto per chi e cosa si ama, sia come capacità di farsi carico di chi e cosa si ama – dipende il destino di una persona.”
E come Platone ricorda nel Simposio: “Eros desidera ciò che non possiede. È mancanza, ricerca, generazione.” Senza Eros, l’eroe sarebbe un automa senza slancio. Senza l’eroe, Eros rimarrebbe un sogno sterile.
ULISSE: IL VIAGGIO TRA MARE E TERRA
Ulisse è il simbolo perfetto: desideroso come Eros, coraggioso come un eroe. Navigò il mare aperto, cercando la terraferma del cuore. Desiderava Itaca, amava Penelope, resisteva alle seduzioni dell’oblio. Quando l’immortalità gli fu offerta da Calipso, rifiutò: preferì il rischio della vita autentica alla perfezione eterna.
Come ci ricorda D’Avenia:
“L’arte da imparare in questa vita non è quella di essere invincibili e perfetti, ma quella di saper essere come si è, invincibilmente fragili e imperfetti.”
Ulisse ci dice che non è l’infinità del viaggio a salvarci, ma il senso verso cui tendiamo.
LA PAROLA CHE DÀ VITA
Quando una parola nasce dal silenzio, attraversa il vuoto, si posa nel cuore di un altro essere umano, non si limita a comunicare: Mette al mondo il mondo. Come scrive Hannah Arendt, ogni atto autentico di parola è un atto di natalità. Non solo espressione: generazione. Non solo comunicazione: creazione. Educare, ispirare, amare — con parole che volano — significa far germogliare il vivibile, generare futuro, accendere mondi interiori.
LA PAROLA CHE TRASFORMALA PAROLA CHE TRASFORMA
Ci sono parole che spiegano. E poi ci sono parole che plasmano la realtà. Lo ha mostrato J.L. Austin, quando ha insegnato che certe parole non descrivono: agiscono. Dire “ti prometto”, “ti perdono”, “ti amo” non è riferire un fatto: è compiere un atto. Nel suo Come fare cose con le parole, Austin chiama queste espressioni performative: parole che fanno, parole che inaugurano. Parole che creano legami, che aprono mondi, che cambiano i corpi e le vite. Ma proprio perché agiscono, queste parole non sono mai neutre. Nel bene o nel male, fanno accadere qualcosa. Possono guarire o ferire, unire o distruggere, generare o spezzare. Ed è questo il cuore delle parole alate: non informano, ma fondano. Non commentano il mondo: lo mettono in moto. Ogni parola vera, detta nel momento giusto, con intenzione e verità, non è solo suono: è azione, rivelazione, nascita.
LA PAROLA E L’ANTENATO CHE VUOI DIVENTARE
Ogni parola autentica che diciamo non lascia solo un’eco: lascia un’impronta. Perché parlare, davvero, significa prendere posizione nel tempo. Ogni parola che scegliamo di dire — o di tacere — dice chi siamo, e chi vogliamo diventare. Ecco perché la parola non è solo relazione. È anche eredità. Nel dialogo tu a tu, nel tu con gli altri, nel tu con il mistero, la parola che usiamo ci plasma, ci guida, ci trasforma in antenati. Non nel senso di ciò che è passato, ma di ciò che genera. La parola realizza l’antenato che vuoi diventare. È scelta quotidiana, responsabilità invisibile, ma anche promessa di futuro, gettata nel presente come seme di luce.