PASQUA: IL TEMPO CHE SI SPALANCA

La luce non cancella le ferite. Le attraversa. E da lì — solo da lì — nasce la Pasqua vera.

di Pietro Bucolia – Consulente finanziario e narratore economico

Una primavera velata di grigio

La Pasqua del 2025, benché celebrata in piena primavera, si presenta velata di grigio.

Il mondo sembra attraversare un crepuscolo che non finisce: le guerre proseguono senza tregua, i semi di pace faticano a germogliare. Le economie globali oscillano tra perplessità e sfiducia, mentre nei mercati si leggono più paure che prospettive.

Nei rapporti tra le persone, la limpidezza degli sguardi è spesso sostituita dagli schermi, che facilitano l’anonimato ma ci allontanano dalla verità.

E in questo smarrimento globale, i più poveri e fragili pagano il prezzo più alto: aumentano profughi, migranti, sfollati.

Lo sfruttamento strutturale diventa sistema.

E troppe volte, l’opportunità si fa complice della cattiveria, per una mollica, un incarico, un giro di convenienza.

Il Risorto non è altrove

Eppure, la Pasqua c’è.

E non come consolazione debole, ma come forza trasformante.

Quest’anno, provvidenzialmente, accomuna le tradizioni cristiane in una sola data: un segno di unità in un mondo diviso.

Gesù Risorto — colui che fu escluso, crocifisso, umiliato — è vivo.

Non come simbolo, ma come presenza reale, che attraversa le nostre storie.

Non è un’idea: è un uomo risorto.

Uno che ha vissuto la fame, la fuga, il tradimento.

Uno che consola “come si consola tra amici”, come scrive Sant’Ignazio.

Uno che non cancella le ferite, ma le porta ancora, perché siano anche le nostre.

Le povertà più invisibili

Io l’ho incontrato, il Risorto.

Nel volontario che ascolta senza tornaconto.

Nel risparmiatore che ricomincia.

Nel padre che costruisce in silenzio.

Nel povero che ringrazia con dignità.

In chi sceglie la verità, anche quando costa.

Ma l’ho visto anche nella povertà di chi si crede ricco e potente.

In chi misura il valore con il conto corrente.

In chi mente e manipola per tornaconto.

In chi vende la verità per una poltrona.

È la povertà dell’anima che rinuncia al bene e diventa strategia.

E poi c’è la povertà dell’invidia.

Quella che non sopporta la luce degli altri.

Che preferisce distruggere piuttosto che ammirare.

La paura dell’altro.

La gelosia sottile, che blocca progetti, irrigidisce rapporti, spegne la gioia.

È da lì che dobbiamo risorgere. È lì che Gesù Risorto si fa presente: non per giudicare, ma per chiamare.

La resurrezione non è evasione

Pasqua non è evasione.

Non è chiudere gli occhi sul mondo.

È uno sguardo lucido e insieme aperto al possibile.

È riconoscere i segni di vita anche quando tutto sembra spento.

Ma non basta guardare: bisogna diventare segni.

Portare consolazione vera, non parole vuote.

Condividere ciò che si è, ciò che si ha, ciò che si crede.

Risorgere significa diventare strumenti di resurrezione per gli altri.

La vita si misura in resurrezioni

Io credo che ogni persona, prima o poi, si trovi davanti a un sepolcro chiuso.

Nel lavoro.

Nei legami.

Nelle speranze tradite.

E solo chi ha attraversato davvero le tenebre può cogliere il senso della Pasqua:

che la vita non si misura in giorni utili, ma in resurrezioni.

Gesù Risorto ci cammina accanto.

Anche quando non lo riconosciamo.

Ci precede, sempre un passo avanti.

In Galilea, cioè nella vita vera: lì dove lavoriamo, amiamo, resistiamo, perdoniamo.

Per chi ancora crede

Per questo, in un tempo disilluso, la Pasqua è un atto sovversivo.

Un atto che dice:

“Ci sono. E ci sarò anche domani,

con le mani sporche, ma con il cuore integro.”

A chi lavora nel sociale.

A chi ha visto la povertà in faccia — e anche quella travestita da potere, da paura, da invidia.

A chi ha subito bugie e manipolazioni.

A chi ogni giorno combatte la rassegnazione con gesti concreti.

A chi, come me, cerca senso anche tra i numeri e i portafogli.

A chi, come te, non ha smesso di credere nella forza mite della resurrezione.

Per chi ancora non crede

E anche a chi non crede più, o non ha mai creduto.

A chi guarda con sospetto ogni parola religiosa.

A chi ha visto troppa ipocrisia e si è ritirato.

A chi ha provato a fidarsi, ma è rimasto deluso.

A chi non aspetta nulla, ma in fondo desidera ancora qualcosa.

Anche per voi —

soprattutto per voi —

questa Pasqua è un invito.

Non a convertirsi a forza,

ma a lasciarsi sorprendere.

A vedere se davvero tutto è perduto.

O se, forse, in mezzo alle macerie, qualcosa sta già risorgendo.

Buona Pasqua

Una Pasqua vera.

Una Pasqua con Gesù Risorto.

Per chi crede.

Per chi non ci riesce.

Per chi ci prova ancora.

Perché il futuro non si aspetta.

Si sorprende. E si costruisce, insieme a Lui.