La fedeltà non è una virtù, se ci impedisce di migliorare. E una banca non vale l’altra, se non ti fa crescere.
di Pietro Bucolia – Consulente finanziario e narratore economico
UNA DOMANDA APPARENTEMENTE SEMPLICE
“Perché dovrei cambiare banca? Tanto sono un investitore di lungo termine. Una vale l’altra.”
Così mi ha detto Mauro, un amico preparato, riflessivo, con una visione prudente e intelligente dei mercati.
Lo ha detto senza arroganza. Ma con quella convinzione placida che spesso è la forma più subdola dell’abitudine.
Eppure, dietro quella frase si nasconde un’illusione. Un riflesso condizionato.
Una semplificazione che rischia di costare cara, anche a chi pensa di sapere come gestire i propri risparmi.
LA PROCESSIONE CHE NON SI VEDE
A Mauro ho raccontato la scena che vedo ogni settimana nel mio ufficio.
Una processione silenziosa, ma continua.
Persone che arrivano con cartelline piene, estratti conto incomprensibili, rendiconti pieni di codici.
Vengono proprio dalla banca di cui Mauro parlava.
E non cercano strumenti miracolosi. Cercano ascolto. Chiarezza. Umanità.
Spesso escono dicendo la stessa frase:
“Avrei dovuto farlo prima.”
Eppure i dati parlano chiaro:
- Il 52% dei clienti bancari italiani vorrebbe cambiare istituto
- Solo il 22% lo fa davvero
- Il 63% teme che cambiare banca sia troppo complicato
- Il 37% ha paura di non trovare un’alternativa migliore
- Il 36% teme errori nel passaggio
Tutto questo dimostra che il problema non è l’offerta, ma l’inerzia culturale. E quella, va affrontata con rispetto e verità.
MARCO, IL POSTO FISSO E LA LIBERTÀ DI LAVORARE BENE
Poi gli ho parlato di Marco.
Aveva il posto fisso.
Sì, proprio quel posto fisso che Checco Zalone ha trasformato in un totem nazionale, una sicurezza assoluta:
“Il posto fisso è sacro. Non si molla nemmeno se ti puntano un bazooka!”
Per anni, anche Marco ci ha creduto.
La banca tradizionale era la cattedrale della stabilità: scrivania, cartellino, prodotti da collocare, obiettivi da raggiungere.
Ma sotto l’altare del posto fisso, si sacrificava ogni giorno un po’ di coscienza.
Fare bene il proprio mestiere diventava faticoso. Dire la verità, complicato. Mettere il cliente al centro, quasi impossibile.
Finché ha fatto quello che non ci si aspetta da chi ha un contratto a tempo indeterminato:
ha mollato. Ha lasciato il salone della memoria.
Ha scelto la libertà. Il rischio. Ma anche la coerenza.
Oggi lavora con me.
E ogni tanto mi ripete, con una serenità che ha il suono della verità:
“Ho lasciato il posto fisso. Ma finalmente ho trovato il mio posto.”
NON ESSERE UN CLIENTE: SII UN PROTAGONISTA
Cambiare banca non significa semplicemente spostare dei fondi.
Significa cambiare mentalità. Ruolo. Relazione.
Nel nostro modello, il cliente non è un destinatario. È un protagonista.
Si lavora insieme. Si condividono scelte, si costruiscono strategie, si disegna un progetto coerente con la vita reale.
Non si subisce nulla.
Si co-costruisce.
LA TECNOLOGIA: HI-TECH & HI-TOUCH
“Anche la mia banca è tecnologica”, mi ha detto Mauro.
Davvero?
Avere un’app non significa essere digitali.
La vera innovazione oggi è hi-tech & hi-touch: tecnologia evoluta e relazione umana autentica, combinate in un’unica esperienza.
Serve un modello che unisca:
- piattaforme intuitive e accessibili
- risposte rapide e personalizzate
- presenza consulenziale reale, soprattutto nei momenti decisivi
La tecnologia è utile solo se è al servizio della relazione, non quando la sostituisce.
È un ponte, non un muro. Un facilitatore, non una scorciatoia impersonale.
C’È CHI È NATO DIGITALE. E CHI RINCORRE IL DIGITALE ARRANCANDO
Non tutte le banche sono uguali.
Ci sono realtà che sono nate digitali, pensate per semplificare, ascoltare, abilitare.
E altre che rincorrono il digitale adattando pezzi vecchi a modelli nuovi.
Il risultato?
Esperienze lente, macchinose, disumane.
Report incomprensibili. Sistemi farraginosi. Call center impersonali.
Non basta dire “anche noi abbiamo l’app”. Serve una visione. E una struttura che sia coerente con il presente.
UN CONTRADDITTORIO PUBBLICO: LE DOMANDE CHE CONTANO DAVVERO
Il consulente della tua banca… c’è quando hai davvero bisogno?
Ti ascolta, ti cerca, ti accompagna nei momenti in cui hai paura, dubbi, domande?
Ti supporta davvero?
O ti chiama solo quando deve proporti qualcosa?
Ti dedica il tempo necessario, o ti liquida con due minuti distratti e un pdf da leggere da solo?
Risponde ai tuoi messaggi? Ti richiama? Ti conosce? Ti capisce?
E ancora:
Ti invita a un evento dove impari a fare meglio il tuo mestiere di investitore?
Ti coinvolge in un percorso che ti fa crescere come risparmiatore evoluto, cittadino consapevole, persona che costruisce il proprio futuro con intelligenza e dignità?
Se la risposta a queste domande è incerta, è il momento di farti un’altra domanda più profonda:
Cosa ti stai perdendo restando dove sei?
LA RELAZIONE NON È UN SERVIZIO: È UN CAMMINO A DUE
Ma sia chiaro: la relazione vera non è a senso unico.
Non basta pretendere risposte, qualità, tempo, se non si è disposti a partecipare attivamente al proprio stesso futuro.
Oggi, più che mai, il risparmiatore e l’investitore sono chiamati a svolgere la propria parte, con corresponsabilità, dialogo e impegno personale.
La costruzione del benessere finanziario è una co-creazione.
Non è il consulente che “fa tutto”, né il cliente che “si fida e firma”. È un lavoro a quattro mani, in cui:
- si condividono obiettivi reali
- si costruisce fiducia nel tempo
- si affrontano insieme i momenti complessi
- si collabora con lucidità e costanza, anche quando non c’è urgenza
Essere investitori oggi significa anche essere proattivi.
Significa conoscere almeno le basi di ciò che si sta facendo, chiedere chiarimenti, accettare l’incertezza dei mercati, ma dentro una rotta condivisa.
La qualità della consulenza cresce nella misura in cui cresce la relazione.
E la relazione cresce solo se entrambe le parti la coltivano.
È lì che nasce la vera alleanza finanziaria.
LA PROSSIMITÀ COME FIDUCIA
Un recente studio della Banca d’Italia lo conferma:
oltre il 60% dei clienti bancari italiani preferisce affidarsi a un operatore che percepisce come vicino, presente e disponibile nei momenti di incertezza.
Ma la vicinanza non si misura con i chilometri.
Si misura nella capacità di esserci davvero, con la voce, con il tempo, con la presenza.
COMUNICARE CON COERENZA
C’è un’ultima riflessione da fare.
In tempi difficili, molte banche riducono i costi di comunicazione. Altre smettono di parlare.
Ma chi vuole davvero essere vicino al cliente, comunica sempre. E lo fa in modo coerente con ciò che è.
Io ci credo profondamente: non serve cambiare tono. Serve restare fedeli alla propria verità, anche quando è scomoda.
FERMATI. RIFLETTI. PARLIAMONE.
Se anche tu ti sei detto almeno una volta: “Una banca vale l’altra”, chiediti oggi se è davvero così.
O se, invece, non hai solo smesso di farti domande.
Chiamami per parlarne. Anche solo per capire se ciò che hai… è davvero ciò che ti meriti.
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