POSSIAMO BEN SPERARE? PROVVIDENZIALMENTE, CI PENSANO LE BIG TECH

Quando la macroeconomia zoppica e la realtà rallenta, ci pensano i colossi della tecnologia a tirare su l’umore dei mercati. Meta e Microsoft non solo battono le attese: rilanciano con visione, utile e investimenti. E Wall Street si aggrappa a loro per trovare un motivo – qualsiasi motivo – per comprare ancora.

di Pietro Bucolia – Consulente finanziario e narratore economico

META: PUBBLICITÀ, INTELLIGENZA ARTIFICIALE E UN MODELLO CHE NON TREMA

La trimestrale di Meta Platforms ha spazzato via dubbi e scetticismi. In un contesto appesantito dalle tensioni commerciali e dalle tariffe imposte dall’amministrazione Trump, l’azienda guidata da Mark Zuckerberg ha mostrato numeri solidi e una traiettoria di crescita sorprendente.

Il fatturato del primo trimestre è salito a 42,3 miliardi di dollari, superando le attese del consensus (41,4 miliardi). Ma è il dato sugli utili per azione (EPS) a impressionare: 6,43 dollari, in crescita del 37% rispetto all’anno precedente e ben al di sopra della stima media di 5,25 dollari.

A sorprendere è soprattutto la tenuta del comparto pubblicitario, che rappresenta il 98% dei ricavi complessivi. Nessun segno di rallentamento, nonostante le incertezze geopolitiche e tariffarie. Merito anche dell’accelerazione sull’intelligenza artificiale, che rafforza il targeting pubblicitario e personalizza l’esperienza utente. In questo contesto, Meta ha appena lanciato “Meta AI”, una nuova app standalone che entra in diretta concorrenza con ChatGPT.

La società ha inoltre rivisto al rialzo il budget degli investimenti infrastrutturali, portandolo in un range tra 64 e 72 miliardi di dollari (contro i 60-65 precedenti). Il motivo? L’aumento dei costi legati alle tariffe, ma anche la chiara volontà di rafforzare il proprio vantaggio competitivo nelle tecnologie emergenti. Il CFO Susan Li ha rassicurato i mercati: la supply chain è già stata adattata per contenere gli impatti.

Il mercato ha apprezzato: +4% nell’after-hours, con un titolo che si muove come catalizzatore dell’intero comparto tecnologico.

MICROSOFT: IL CLOUD TIRA, L’AI SPINGE, E GLI UTILI SORRIDONO

Anche Microsoft ha fatto il suo ingresso trionfale nella stagione delle trimestrali, confermando la sua reputazione di macchina da guerra finanziaria. Il gruppo ha registrato un fatturato di 70,1 miliardi di dollari nel terzo trimestre fiscale, in crescita del 13% e ben oltre i 68,5 miliardi attesi. Ma ancora più significativo è l’EPS aggiustato: 3,46 dollari, rispetto ai 3,21 attesi dal mercato.

Il cuore pulsante di questa performance è Azure, la piattaforma cloud, che cresce del 33% – spinta in particolare dalle applicazioni legate all’intelligenza artificiale generativa. Solo l’AI ha contribuito per 16 punti percentuali a questa crescita, in netto aumento rispetto ai 13 del trimestre precedente. La partnership con OpenAI sta generando domanda concreta, infrastrutturale, a lungo termine.

Le prospettive restano rosee: Microsoft prevede che Azure crescerà del 35% nel prossimo trimestre (al netto del cambio), un dato superiore alle stime di consensus.

Sul fronte degli investimenti, il CapEx è leggermente sceso a 21,4 miliardi di dollari. Ma Amy Hood, CFO del gruppo, ha chiarito che si tratta di una pausa momentanea, in vista di una ripresa degli investimenti nel nuovo anno fiscale. Cautela, non debolezza.

Anche il comparto hardware (Xbox e Surface) ha tenuto bene, con una crescita del 6% e ricavi pari a 13,4 miliardi, superiori ai 12,7 previsti.

+8% nell’after-hours è la risposta del mercato: entusiasmo più che giustificato.

REALTÀ VS NARRAZIONE: IL MERCATO HA BISOGNO DI CREDERCI

Eppure, a voler essere razionali, qualcosa non torna. Il dato di ieri sul PIL americano ha segnato una contrazione, confermando una situazione macroeconomica non certo brillante. E allora perché questa ondata di ottimismo?

La risposta è semplice, quasi infantile: se l’economia rallenta, la Fed dovrà tagliare i tassi. E questo – come per magia – diventa il pretesto per comprare. Come se il rallentamento economico fosse una buona notizia.

DOLORE DA SOTTOPESO E PAURA DI RESTARE FUORI

Molti investitori professionali si trovano ancora in una posizione di underweight sull’azionario USA: in pratica, hanno una quota di azioni inferiore rispetto ai parametri di riferimento dei portafogli, o rispetto a quanto richiederebbe il contesto attuale. Nei mesi scorsi, cautela e prudenza hanno dominato le scelte allocative, frenate dai timori macroeconomici e geopolitici.

Ma oggi si fa strada un altro tipo di pressione: la paura di restare fuori dal rialzo – ciò che nel linguaggio dei mercati si chiama FOMO, Fear Of Missing Out. Quando gli indici salgono e si è rimasti alla finestra, il dolore di perdere l’occasione può superare anche le migliori ragioni per essere prudenti.

Così, anche senza un reale cambiamento nei fondamentali economici, bastano una trimestrale brillante o una dichiarazione accomodante per spingere nuovi acquisti. La narrativa prevale sulla realtà.

IN CONCLUSIONE: LA FEDE NEI BIG TECH È L’ULTIMO ALIBI

Questa stagione di trimestrali ha dimostrato che alcune aziende sono più forti del ciclo economico stesso. Meta e Microsoft non solo resistono: rilanciano. Costruiscono valore, investono e guidano l’innovazione anche in tempi turbolenti.

Per oggi, provvidenzialmente, ci pensano loro.

Domani si vedrà.

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