TESTA DI CALABRESE: FIEREZZA, RESISTENZA E GLORIA DI UN POPOLO

Dal pregiudizio alla grandezza: la forza di un’identità che ha lasciato il segno nella storia. Dai filosofi ai santi, dagli artisti ai rivoluzionari della carità, la Calabria ha dato al mondo figure straordinarie. Essere calabresi significa appartenere a una terra di lotta, di cultura e di passione. E chi usa certe parole per sminuire, non ha capito nulla della nostra storia.

🔹 di Pietro Bucolia – Presidente GióProtagonisti ODV

MONCALIERI. C’è un’espressione che alcuni usano con disprezzo, con un pregiudizio tanto antico quanto infondato: “testa di calabrese”. Per alcuni è sinonimo di ostinazione, per altri un’offesa, per altri ancora un marchio da cui prendere le distanze. Ma chi conosce la storia e la letteratura sa che dietro questa frase c’è qualcosa di molto più grande: determinazione, fierezza e un’identità forgiata nella resistenza e nella dignità.

La Calabria non ha mai avuto la vita facile. Terra di emigrazione e sacrificio, ma anche di cultura profonda e di uomini e donne che hanno lasciato il segno. Corrado Alvaro, scrittore e poeta di San Luca, sapeva bene cosa significasse essere calabrese, e in molte delle sue opere ha raccontato la forza, la sofferenza e l’orgoglio di un popolo che non si piega.

Nel suo capolavoro Gente in Aspromonte, Alvaro descrive una Calabria aspra e difficile, ma anche popolata da uomini fieri che non si arrendono mai. Uno di loro è Argirò, il pastore che, nonostante le ingiustizie e le privazioni, incarna la resistenza e la lotta per la dignità. Non è un uomo piegato, ma un uomo che combatte, che tiene la testa alta. E allora sì, se essere “testa di calabrese” significa avere la stessa determinazione di Argirò, allora è un onore.

La Calabria non è solo sofferenza e lotta, ma anche genialità e talento. Se dovessimo elencare le grandi “teste calabresi” che hanno segnato la storia, la lista sarebbe lunga. Tommaso Campanella, il filosofo visionario che nel ‘600 immaginò La Città del Sole, un mondo basato sulla giustizia e la conoscenza. Francesco Cilea, il compositore che portò l’opera italiana a livelli altissimi con la sua Adriana LecouvreurGianni Versace, il genio della moda che da Reggio Calabria conquistò il mondo con il suo stile inconfondibile. San Francesco di Paola, il santo eremita che, con umiltà e fede, ispirò generazioni di credenti in tutta Europa. Don Italo Calabrò, il prete della carità e della giustizia, che con la sua vita ha dimostrato che il servizio ai più deboli è la più alta forma di resistenza.

Se c’è una figura che incarna il significato più alto di testa di calabrese, è proprio Don Italo Calabrò. Nato e vissuto a Reggio Calabria, Don Italo non è stato solo un prete, ma un rivoluzionario della carità, un uomo che ha speso la sua vita per gli ultimi e che ha sfidato il potere della ‘ndrangheta con il Vangelo e il coraggio. Non ha mai avuto paura di dire la verità, anche quando significava mettersi contro il potere. Non ha mai smesso di lottare per i poveri, per i giovani senza futuro, per i dimenticati dalla società. Il suo messaggio era chiaro: “Nessuno escluso, mai!”.

Ecco cosa significa essere testa di calabresesignifica avere la forza di Don Italo, la visione di Campanella, la genialità di Cilea, la creatività di Versace, la santità di Francesco di Paola. Significa lottare, costruire, non arrendersi.

Quando qualcuno usa “testa di calabrese” come insulto, non fa altro che rivelare la propria ignoranza e la propria superficialitàSì, testa di calabrese. Perché significa essere forti e determinati. Sì, testa di calabrese. Perché da questa terra sono nate menti brillanti che hanno cambiato il mondo. Sì, testa di calabrese. Perché, mentre alcuni parlano con pregiudizio, noi costruiamo con intelligenza e sacrificio.

Corrado Alvaro scriveva: “La disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere rettamente sia inutile.”

Essere calabrese non è solo una questione di nascita, è una questione di spirito. Significa portare dentro il fuoco della resistenza e il desiderio di giustizia, significa non voltarsi mai dall’altra parte, anche quando sarebbe più comodo. Chi ha una testa di calabrese non si arrende all’ingiustizia, non si piega alla paura, non baratta la propria dignità per un tornaconto personale. Ha lo sguardo fisso sull’orizzonte, anche quando la strada è in salita.

È lo spirito di Don Italo Calabrò, che ha dedicato la sua vita a chi non aveva voce. È lo spirito di Corrado Alvaro, che ha denunciato le ingiustizie con la forza della parola. È lo spirito di chi ha lasciato la propria terra per trovare fortuna altrove, ma non l’ha mai dimenticata. È lo spirito di chi resta e continua a lottare, anche quando tutto sembra perduto.

Questa è la testa di calabrese: non un insulto, ma un’identità gloriosa, una medaglia che portiamo con orgoglio. E se qualcuno vuole ridurla a un’etichetta dispregiativa, che provi a fermare il vento. Perché noi, come il vento che soffia dall’Aspromonte, non ci fermeremo mai.