È venerdì, vigilia del funerale di Papa Francesco, I Grandi della Terra stanno arrivando, le navate si preparano, Roma si tende, e per un giorno, il potere impara a camminare piano.
di Pietro Bucolia – Consulente finanziario e narratore economico
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Roma in attesa, ma vigile
Le auto scure scivolano lentamente sui sampietrini bagnati. Le luci si accendono piano nei palazzi della Curia, mentre Piazza San Pietro si veste di una luce che non è solo l’alba: è quella delle grandi attese.
È venerdì. Domani, sabato 26 aprile, il mondo si riunirà per salutare Papa Francesco. Ma già oggi Roma ha cambiato ritmo. Cammina piano. Come chi sa che sta per cominciare qualcosa che pesa.
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I Grandi si muovono, in silenzio
Il presidente Donald Trump è in volo, Melania accanto, lo staff in preghiera – liturgica o laica – affinché oggi non improvvisi.
Emmanuel Macron si prepara con il solito stile tra lirismo e geometria. Zelensky è già pronto, abituato ai protocolli, ma forse non a questo silenzio.
Meloni fa gli onori di casa con compostezza, Lula e Milei si evitano con grazia. I vertici europei – von der Leyen, Metsola, Costa – occupano le prime righe del cerimoniale. E ci sono anche i sovrani, con lo sguardo lungo dei secoli.
Il potere è in cammino. Ma, almeno oggi, senza pretendere di guidare.
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Roma si prepara, come sa fare lei
Le transenne vengono allineate come spartiti davanti a un concerto. I tecnici controllano il suono dell’altare. I cardinali si muovono come ombre color porpora.
E nei bar si commenta con quel tono romano che sa unire storia, ironia e verità:
“Domani pure Trump s’inginocchia? Io voglio vederlo.”
Roma è già dentro la scena. La conosce. Eppure ogni volta la recita con emozione.
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Il Papa che parlava piano
Francesco non era un Papa da cerimoniale. Parlava piano, come chi sa che le parole – se vere – bastano da sole.
Ha detto ciò che pochi dicono: che i poveri non sono numeri, che la Terra non è un bene negoziabile, che la pace non è un’opinione.
Eppure domani, saranno proprio coloro che ha spesso criticato con dolce fermezza, a sedersi per salutarlo.
“Siamo tutti sulla stessa barca”,
disse quella sera di marzo 2020, sotto la pioggia, in una piazza San Pietro vuota e commossa. Nessuno lo ha dimenticato.
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Trump, l’incognita e l’incenso
C’è attesa per tutti. Ma una è più attesa delle altre: dirà qualcosa, Trump?
I giornalisti sono pronti, le agenzie hanno già i titoli possibili. Lo staff spera nel miracolo: che taccia. Ma in fondo, anche questo fa parte del cerimoniale.
E se anche dovesse confondere Bernini con Versace, nessuno ne farebbe un dramma.
È la vigilia. Tutto è ancora possibile. Anche il silenzio.
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Roma osserva e protegge
La città si muove tra compostezza e malinconia. Non è solo la Capitale: è un testimone.
Accoglie, misura, registra. Le finestre si aprono. I balconi si riempiono. I sampietrini diventano specchi di passi lenti.
Roma non giudica. Ma ricorda.
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Il mondo in cammino, verso ciò che non vuole perdere
Non è solo un funerale. È una soglia. Un momento in cui i leader del pianeta si trovano – per forza o per fede – seduti nello stesso luogo.
Ognuno con la propria agenda. Ma per qualche ora, la sola voce sarà quella del Vangelo.
E il mondo – che corre, urla, divide – camminerà piano. Forse non se ne rende conto, ma sta andando a salutare anche una parte di sé che non vuole perdere. Quella che crede ancora nella parola giusta, detta piano. E nella possibilità che il silenzio, un giorno, dica tutto.